SANITA’: LISTA D’ATTESA LUNGHE? SBLOCCATI 3 MILIONI DI PRESTAZIONI SANITARIE

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GABRIELE COPPA E ELIO ROSAT

Elio Rosati segretario di Cittadinanzattiva: “E’ un primo passo. Serve programmazione”

In caso di superamento dei limiti di legge, ci si può rivolgere all’intramoenia e richiedere il rimborso ma manca una procedura standardizzata

Il presidente della Regione Lazio Francesco Rocca
GABRIELE COPPA E ELIO ROSAT

 

di Riccardo Toffoli

Liste d’attese lunghe? Si può richiedere il rimborso della prestazione se si va a pagamento in intramoenia e se la visita o l’esame richiesto alla Asl sfora i tempi massimi di attesa indicati dalla legge. La situazione nel Lazio è complessa. La regione Lazio esce da un commissariamento lungo. La coperta è sempre corta e lo squilibrio territoriale verso le grandi strutture ospedaliere romane non aiuta. “Con il nuovo presidente della Regione –ci spiega il segretario regionale di Cittadinanzattiva Elio Rosati- ci siamo seduti su un tavolo per parlare delle liste d’attesa. Ci sono appuntamenti che vengono dati nel 2025 e persino nel 2026. Il presidente ha aperto i lenzuoli di carta delle disponibilità di tutto il Lazio, perché questi sono, e ci siamo messi al lavoro”. Le prime misure di Francesco Rocca sono state drastiche.

SOLO 35% DELLE PRESTAZIONI TOTALI ANNUE POTEVA ESSERE PRENOTATO CON IL RECUP

“Il primo dato emerso è stato importante –ci continua Elio Rosati- come è noto, per prenotare una visita, un esame ecc bisogna accedere al servizio del Recup, chiamando oppure scegliendo direttamente online tramite l’accesso con Spid. Ecco ci siamo accorti che dal confronto con i dati generali della Regione, i famosi lenzuoli, nel Recup era possibile accedere solamente al 35% delle prestazioni dell’offerta sanitaria del Lazio. Questo per due motivi principalmente. Il primo motivo riguarda la programmazione. È possibile infatti che lo specialista manchi e quindi chi dà appuntamento rischia di andare all’appuntamento senza trovare il medico. Il secondo motivo riguarda le strutture convenzionate private. In pratica erano state inserite le prestazioni sanitarie offerte dalle strutture private in convenzione solo per una piccola parte. Quelle che risultavano accessibili variavano dallo 0.4% all’1.5% delle prestazioni accreditate. Percentuali irrisorie”.

3 MILIONI DI PRESTAZIONI IN PIU’

Insomma chi chiamava per prenotare una visita, anche se urgente, poteva far affidamento solo sul 35% delle disponibilità dell’offerta sanitaria del Lazio. E veramente poco sulle strutture convenzionate che, pur private, ricevono dalla Regione un budget per coprire alcuni servizi che la Regione da sola non riesce a fornire. Si tratta di prestazioni specialistiche, diagnostiche ecc. E le liste di attesa si allungavano. “Con l’attuale sistema messo a punto da Rocca –ci continua il direttore generale della Clinica Città di Aprilia Gabriele Coppa- le strutture sanitarie private in convenzione sono state invitate a caricare una gran fetta delle prestazioni sanitarie offerte in convenzione. Attualmente dobbiamo garantire l’accesso tramite prenotazione al 70% delle prestazioni sanitarie in convenzione. Lasciando ovviamente un 30% per le urgenze e gli esami o le visite interne”. Può capitare che si va per una visita specialistica o si fa un intervento e poi escono altre situazioni che meritano approfondimento. Una parte quindi viene tenuta dagli ospedali e dalle strutture private per questo tipo di percorsi interni. Le strutture sanitarie private che non mettono a disposizione gli accessi, possono incorrere al congelamento del budget regionale. “Le disposizioni –ci continua Gabriele Coppa- sono state molto chiare. Chi non si adegua, rischia il congelamento del budget regionale. Sappiamo di procedimenti in corso per alcune strutture”. Le nuove disposizioni hanno permesso non solo di sbloccare gli accessi alle prestazioni sanitarie nel Lazio ma di far comparire la bellezza di tre milioni di prestazioni sanitarie che finora erano rimaste “fantasma”. Non perché ovviamente non si facevano ma perché non risultavano nel sistema di prenotazione regionale. “Per le liste d’attesa possiamo parlare di una buona boccata d’ossigeno –ci confessa Elio Rosati- ma c’è ancora molto da fare per risolvere i tanti problemi”.

BASTANO PER ACCORCIARE LE LISTE D’ATTESA NEL LAZIO?

Alla domanda Elio Rosati risponde di no. Tutti concordano che il problema principale sia la “programmazione”. “Il problema non è aumentare il numero di prestazioni o aumentare il numero di specialisti –ci spiega il direttore generale Coppa- perché all’aumento dell’offerta si contrappone sempre un aumento della domanda. Quello che potrebbe funzionare è una programmazione che punti sul maggior apporto dei medici di medicina generale e sulle strutture di monitoraggio”. Insomma dalla banca dati dei medici di medicina generale e dalle associazioni e comitati si può estrapolare il fabbisogno generale di prestazioni necessarie sul territorio e su quello improntare l’offerta sanitaria del Lazio.

GLI OSSERVATORI TERRITORIALI

“Proprio per questo motivo –ci continua Elio Rosati- è necessario e lo abbiamo ribadito con forza al presidente della Regione Lazio, far funzionare gli osservatori territoriali che sono uno strumento fondamentale per capire il fabbisogno e quindi improntare delle politiche di programmazione sanitaria. L’osservatorio nel quale fanno parte anche le associazioni come le nostre che sono da anni impegnate nella sanità e svolgono un ruolo terzo di tutela dei cittadini, sarebbero in grado di capire le attuali esigenze del territorio e predisporre un piano sul quale la Regione può avviare una giusta programmazione. Le associazioni sono una grande risorsa. Sono esterne, non hanno interessi come magari può averli un privato, e possono svolgere un ruolo importante di interfaccia”.

SE HO L’URGENZA E NON CI SONO POSTI?

Ma se ho l’urgenza e non ci sono i posti disponibili? La legge parla chiaro. Sono stati fatti diversi servizi giornalistici ultimamente. In base alla lettera individuata dal medico sulla richiesta di prestazione sanitaria, si danno tempi molto precisi e stringenti. Vi sono quattro classi: “U”  (urgente) per la quale la prestazione è da eseguire nel più breve tempo possibile e, comunque, entro 72 ore; “B” (breve) secondo cui si deve eseguire entro 10 giorni; “D” (differibile) e quindi la prestazione è da operare entro 30 giorni se trattasi di visite, mentre 60 giorni se si discute di accertamenti diagnostici; infine “P” (programmata) secondo la quale deve eseguirsi entro 180 giorni. I problemi sono due: il primo riguarda il tempo di attesa che attualmente è diffusamente molto lungo, il secondo riguarda la territorialità. Secondo la legge, che risale al 1998, se non ci sono disponibilità del servizio sanitario nei tempi previsti dalla ricetta, il paziente può rivolgersi all’intramoenia e successivamente presentare richiesta di rimborso alla direzione sanitaria, decurtata dell’eventuale ticket. “Il sistema è poco conosciuto –ci spiega Gianna Sangiorgi di Cittadinanzattiva Latina- e quindi poco sfruttato. Però esiste e ci sono casi in cui ha funzionato. Il problema? Non c’è attualmente una procedura standardizzata con un modello preciso da compilare. Stiamo lavorando per crearla. Di modo che il paziente che si rivolge alle intramoenia perché appunto il sistema sanitario non è stato in grado di fornire la prestazione richiesta nei tempi indicati dalla legge, possa compilare un modello e indirizzarlo alla Asl”.

LA TERRITORIALITA’

Sul tema della territorialità c’è ancora molto da lavorare. “Attualmente il sistema della territorialità –ci continua Elio Rosati- è più o meno garantito. Intanto va detto che tutti i pazienti cronici hanno ormai un accesso diretto agli esami e le visite necessarie e questo è un grande passo avanti. Per il resto si telefona al Recup e l’operatore ti chiede il luogo di residenza. La ricerca quindi inizia dalle strutture sanitarie vicine al luogo di residenza. Poi succede però che se non ci sono posti, il cerchio si allarga e si allarga sempre di più”. E così può finire che da Aprilia, per un esame o una visita specialistica, si trovi posto a Rieti, oppure a ridosso della Toscana. “Ecco su questo c’è ancora molto su cui lavorare –riprende Rosati- ma, voglio tornare ad un concetto fondamentale che è quello degli osservatori. Se ci sono gli osservatori, questi possono riuscire a comprendere il fabbisogno del territorio. In base a questo, la Regione può fare la sua programmazione. Ma gli osservatori permettono anche di fare luce e intervenire tempestivamente su alcune situazioni senza che passi il tempo della macchina burocratica e che quindi il problema diventi strutturale o peggio ancora che nessuno intervenga”.