LA SPIGOLATRICE DI SAPRI: L’OPERA CHE HA FATTO CADERE DALLA SEDIA I “DECORISTI” PER IL LATO B PRONUNCIATO

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Il contesto e l’intervista all’artista Emanuele Stifano: “Io vedo tutto il corpo come veicolo di bellezza e armonia con la natura”

La fierezza di una donna bellissima che rappresenta l’idea di libertà, di indipendenza dalla servitù latifondista con lo sguardo irreversibilmente rivolto al mare

di Riccardo Toffoli

Il 25 settembre è stata svelata la Spigolatrice di Sapri, un’opera in bronzo dell’artista Emanuele Stifano. E’ la rappresentazione iconografica dell’immaginaria spigolatrice del poeta ottocentesco patriota Luigi Mercantini. Lo sguardo fiero si rivolge al mare e cattura la brezza marina per esaltare la bellezza del suo corpo, simbolo di un’idea: la libertà, il sogno di un’Italia unita, l’indipendenza dalla schiavitù contadina dei latifondisti. Dopo l’inaugurazione sono scaturite una serie di polemiche sulla posa “sessualizzante” della statua che avrebbe mostrato con estrema disinvoltura il suo “lato b”. Non si è parlato di altro in questi giorni. Si è scritto e detto di tutto e di più. I sostenitori del decoro, fanno riferimento al famoso dipinto di Jean-François Millet, il pittore realista ottocentesco. Le spigolatrici di Millet sono state dipinte nel 1857, vuole il caso lo stesso anno in cui avvenne il triste epilogo dell’avventura di Pisacane raccontata dalla stupenda poesia di Mercantini. Millet ha cercato di immortalare una realtà, la realtà brutta: donne tutte uguali con viso abbassato a terra, queste enormi sacche rattoppate al posto degli abiti dove l’individualità non esiste, la personalità è repressa dall’obbedienza. Di certo non era la spigolatrice immaginaria di Mercatini. Luigi fu un letterato che, come tutti i patrioti del periodo, sognava un’Italia unita traendone le immagini dalla tradizione (come la chiama Maria Serena Sapegno) poetica e letteraria italiana. Studiò in seminario e fu costretto all’esilio dopo aver aderito alla Repubblica Romana e aver partecipato attivamente alla difesa di Ancona. Si rifugiò nelle isole di Corfù e Zante, un esilio anch’esso “poetico”, lì dove risuonano per sempre i versi di Ugo Foscolo “né più mai toccherò le sacre sponde”. Luigi Mercantini ebbe un grande attenzione al mondo femminile. Insegnò per diversi anni letteratura italiana in un collegio femminile e nel 1856 divenne direttore di quello che possiamo definire il primo periodico femminile “La Donna”. Si considera oggi un poeta minore della letteratura italiana. Sarebbe da aprire un dibattito letterario sui motivi, da ricercare sicuramente nel lirismo di ispirazione patriottica. Ma sarebbe da scomodare capisaldi della critica letteraria come Carlo Dionisotti o Giulio Bollati e non è questo il contesto. Sta di fatto che di Mercatini rimangono ancora oggi nella memoria collettiva il testo dell’Inno di Garibaldi, commissionatogli dallo stesso Giuseppe e musicato da Alessio Olivieri e la bellissima poesia “La Spigolatrice di Sapri” che ci rimanda ai ricordi della nostra infanzia, quando la si faceva memorizzare dalle maestre. La spigolatrice di Sapri è una figura immaginata dal poeta e quindi non reale. Pertanto non è assolutamente calzante il paragone con l’opera di Millet. La poesia racconta un episodio realmente accaduto del Risorgimento Italiano. Carlo Pisacane, duca di San Giovanni, una mente rivoluzionaria, forse uno dei primi socialisti italiani, era convinto che bastasse un’azione avanguardistica di pochi uomini per far scoppiare la rivoluzione in Italia. E quindi, nel 1857 con l’obiettivo di far insorgere le masse contadine del Regno delle Due Sicilie retto ancora per poco dai Borbone, sbarcò a Sapri con un gruppo di 300 uomini sotto il vessillo della libertà, della repubblica, dell’indipendenza dalla sottomissione latifondista. I 300, animati da tanta speranza, si ritrovarono una popolazione contadina che, invece di abbracciare le armi e combattere con loro, si è scaraventata contro di loro con zappe e vanghe. Pare che i contadini fossero stati indotti dai gendarmi che li indicarono come ladri e criminali. Questa spigolatrice che, per la prima volta alza gli occhi dalla terra, già un atto rivoluzionario per l’epoca, guarda la nave che portava il vessillo tricolore. “Ad uno ad uno li guardai nel viso”, questo sguardo che continua incessantemente a non essere più rivolto alla terra arida legato ad una condizione di sudditanza, si fa forza e si avvicina al capitano “con gli occhi azzurri e i capelli d’oro”. Se ne innamora. L’amore è scaturito dalla passione che rappresenta l’idea di un cambiamento radicale di un passato nel quale non si può più tornare. Quello sguardo le fece dimenticare di “spigolare” e la portò a seguire quei prodi nel combattimento. La spigolatrice non è Anita Garibaldi, non combatte con le armi, anzi sviene alla vista del sangue ma non è neanche la contadina “reale”, quella per intenderci che si sarebbe scaraventata con la zappa contro gli insorti. La spigolatrice di Mercantini è un simbolo di estrema modernità. Nell’immagine rivediamo l’Italia poetica, quella di Dante, di Petrarca, la sua anima contadina, la sua voglia di riscatto, di liberarsi dal giogo straniero e tornare ad essere “donna di province”. “Cerca, misera, intorno da le prode le tue marine, e poi ti guarda in seno, s’alcuna parte in te di pace gode” (Purgatorio Canto VI). La spigolatrice di Sapri quindi è anche la raffigurazione femminile dell’Italia ripresa dalla tradizione poetica italiana, che al vessillo tricolore alza fieramente lo sguardo da terra e che per quanto non capisca ancora i motivi per i quali si combatte, decide di seguire questi prodi appassionati. Vede in loro l’ardore di un’idea nuova e vi si ritrova. Mentre la spigolatrice di Millet avrebbe preso anch’essa una zappa e avrebbe aggredito Pisacane invece che innamorarsi di lui (e Millet l’avrebbe ripresa per denunciarne l’atto ignorante), la spigolatrice di Mercantini si ribella a questa condizione, non capisce ma li segue. Il suo “sguardo” è irreversibile. Non si poteva più tornare indietro. Anita Garibaldi ripresa nel monumento del Gianicolo alza una pistola con la mano destra mentre è a cavallo e con la sinistra tiene in braccio suo figlio. L’opera di Stifano allora riprende la fierezza e la dignità di questa figura immaginaria di Mercantini, ne esalta l’ardore, fissa l’irreversibilità dello sguardo verso il mare che diventa “complice” dell’impossibilità di tornare indietro, ad un passato senza sogni dove si nasceva spigolatrici e si moriva spigolatrici.

Buongiorno Maestro. Le volevamo rivolgere qualche domanda. Ci racconti intanto com’è nata l’idea dell’opera.

“L’opera nasce da due suggestioni, la poesia del Mercantini e il luogo che doveva accogliere la statua. Il primo sopralluogo l’ho fatto sul lungomare di Sapri in una ventosa giornata autunnale che mi ha trasmesso tutta la forza del mare. Ho riflettuto poi e disegnato a lungo, cercando una posa che raccontasse l’attimo in cui la Spigolatrice si volta a guardare il mare, quel mare che sta portando verso di lei la nave con i 300, e il giovane di cui si innamora e per il quale “mi scordai di spigolare, e dietro a loro mi misi ad andare”.

Ci spieghi le fasi tecniche di realizzazione. Qualcuno l’ha accusata che non ci siano le proporzioni del corpo femminile……..

“L’opera è stata modellata in gesso, poi affidata a una fonderia di Napoli per la fusione in bronzo e in ultimo rifinita. Mi avvalgo sempre di modelli reali per studiare l’anatomia. Il corpo umano è per me fonte continua di ispirazione”.

Veniamo alle accuse. La spigolatrice di Mercantini è una figura poetica immaginaria. Di certo una qualsiasi spigolatrice reale avrebbe preso la zappa e si sarebbe scaraventata contro Pisacane e i 300. Le hanno detto però che non rappresenta lo “stile”, se possiamo definirlo così, delle spigolatrici dell’epoca. Perché secondo lei? Cosa ha voluto rappresentare con questa raffigurazione?

“La Spigolatrice di Sapri non è il ritratto fedele di una persona realmente esistita. La Spigolatrice rappresenta un risveglio di coscienza, un momento di forte passione, vuole essere una ragazza sicura di sé che è travolta dalla forza del mare alle sue spalle e si innamora di un giovane e di un ideale!”

Qualcuno ha detto che il “lato b” fosse troppo scoperto. Ma l’arte è piena di nudi sia femminili sia maschili. Perché ancora oggi notiamo un grande dibattito sulla raffigurazione della donna? E non ad esempio dell’uomo?

“Non è la prima volta che decido di “spogliare” il più possibile una mia opera, è una scelta stilistica la mia, il corpo della donna accende il dibattito più facilmente, ma per me non vi è differenza tra i sessi. Io vedo tutto il corpo come veicolo di bellezza e armonia con la natura”.

Come ha vissuto queste polemiche? – “Sono una persona molto schiva e riservata, lavoro con profonda dedizione e passione nel mio laboratorio circondato da ulivi secolari. Le polemiche hanno portato una piccola ventata di scompiglio nella mia quotidianità, ma ora ho già ripreso lo scalpello e sono totalmente dedito alla mia nuova opera in marmo”.

Viviamo in un contesto storico dove ci sono popoli nel modo che mettono il velo alle donne. Come può l’arte aiutare l’umanità ad uscire da certi schemi, a liberarsi di preconcetti e pregiudizi?

“Abbiamo la fortuna di vivere in un paese democratico, l’arte non può ammettere un atteggiamento censorio, anzi può veicolare messaggi di bellezza e riscatto”.