ANGELO AVARELLO: Emozioni al Pianoforte

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Diciamoci la verità. È sempre un piacere vedere Angelo Avarello avvicinarsi al pianoforte, in quei pochi secondi di silenzio che precedono l’inizio della musica. È sempre una scoperta percepire la sua umiltà e la timidezza di fronte al pubblico (proprio lui che ha suonato anche oltre l’Oceano Atlantico, proprio lui che a buon diritto avrebbe potuto montarsi la testa) e quasi sentirlo odorare il legno e l’avorio cui è affidato il compito di produrre le note scritte sul pentagramma dalla sensibilità del Maestro. Avarello non è un uomo semplice. Quando compone non segue il mainstream, non strizza l’occhio all’indie da classifica e preferisce rifugiarsi nelle sonorità dei padri del jazz e dello swing. Quando scrive non si accontenta del bell’esercizio di stile. Angelo ci ha abituati alla passione, intima e privata così come civile e collettiva. Ha cantato l’amore e ha urlato contro la mafia. Perché la passione la si urla, non ci si limita certo a cantarla secondo i canoni tradizionali del bel canto all’italiana, di cui comunque Avarello è un limpido esponente fin dagli anni ’70 del secolo scorso. Angelo, tornato in splendida forma con l’album “Dal mio piccolo fiore a… Amo te” del 2018, subito dopo si è dovuto fermare e non ha fatto mistero di aver attraversato il tunnel della malattia. Nei momenti di sconforto ha forse addirittura pensato di non riuscire più ad odorare il profumo del faggio o dell’abete di un pianoforte, quando le luci si spengono e il pubblico è in silenzio in attesa che inizi la musica. In piena epidemia ha pubblicato l’album “I colori dell’arcobaleno” e subito dopo il brano “Uniti per lottare contro il covid 19”, il suo “grazie” in musica agli eroi del 2020, che non indossavano il mantello ma il camice ospedaliero. Parte da lontano il sentimento di riconoscenza e gratitudine che Angelo Avarello nutre nei confronti di medici e infermieri che si sono presi cura di lui e l’hanno aiutato a superare la sfida più dura di una vita intera. Ma il concerto di Avarello, questo siciliano che arriva a dirigere per due anni l’orchestra del Festival di Sanremo, continua e quando sarà il momento di riprendere la vita come l’abbiamo lasciata prima dello scoppio dell’epidemia, lui sarà ancora sul palcoscenico con una nuova canzone.

“Grazie a Dio sono tornato a vivere”                                                                       Non è solo musica. Non è soltanto una canzone. Non è soltanto una svolta artistica, l’ennesima, che quasi ci ricorda le liricità elettriche pinkfloydiane. Non è la fotografia che ritrae l’artista in un momento di sofferenza. È l’autobiografia di quel momento, il racconto del pensiero dietro il calvario, il valore della ritrovata religiosità durante l’Odissea. Pazienza se l’eroe omerico solcava i mari in tempesta e, meno epicamente, il Maestro di musica attraversava i corridoi di un freddo ospedale. La poesia, come insegnano i poeti, si trova ovunque, anche nei posti più impensati della quotidianità di chi soffre. Sta per arrivare il 2021, e mai come quest’anno il decennio si apre con la speranza per il futuro. Angelo Avarello, uomo del sud eppure del mondo intero, piccolo artigiano delle sette note eppure grande stilista del pentagramma, la speranza non l’ha mai persa e ha ancora voglia di raccontare le sue storie. Lo farà ancora, sedutosi come sempre davanti al suo pianoforte.